Italia 4.0, eccellenze da cui ripartire
Dall’inserto del Gazzettino
La grappa, distillato italiano per eccellenza, figlio di una cultura contadina che affonda le radici in un mondo che apparentemente non c’è più, è riuscita a ritagliarsi una posizione nobile nella classifica dei grandi distillati internazionali. Il merito va ai distillatori che hanno capito le potenzialità di questo “nettare delle vinacce” e lo hanno affinato coniugando tradizione e innovazione, nella migliore delle tradizioni italiane. Tra questi, la quarta generazione dei Bonollo, famiglia veneta che nel 1908 ha trasformato un’abitudine famigliare in un’azienda. Fu Giuseppe Bonollo, pioniere delle moderne tecnologie, a partire con gli allora innovativi alambicchi a vapore, che consentivano di produrre una grappa dalle caratteristiche organolettiche migliori rispetto a quella tradizionale. Da quell’alambicco sono passate quattro generazioni e una lunga sequenza di innovazioni tecnologiche e di affinamenti nel gusto. E non è ancora finita. «È una sfida sistematica – racconta Elvio Bonollo, che con i cugini Luigi e Giorgio, il padre Bruno, i fratelli Filippo e Emanuele si dividono gli incarichi e le mansioni delle Distillerie Bonollo Umberto nei due stabilimenti di Mestrino e Conselve, in provincia di Padova – Una sfida alle materie prime dalle quali è stato ottenuto il vino; le vinacce vanno lavorate subito per non perdere la componente aromatica, è una corsa contro il tempo laddove di tempo e pazienza invece ne serve molta per affinare e ottenere un prodotto che incontri i gusti contemporanei».
In questo Bonollo è favorita dalla logistica, e non potrebbe essere altrimenti. L’azienda si trova al centro dell’area che va da Venezia a Verona e, da nord a sud, congiunge idealmente Conegliano con Este, a sud dei Colli Euganei. Abbraccia così la quasi totalità delle zone circoscritte dai disciplinari Doc del Veneto: da Valpolicella a Soave, da Conegliano ai Colli Euganei. Si tratta di numerosissime tipologie di vinacce provenienti dai vini più caratteristici: dal Cabernet, Chardonnay, Pinot e Prosecco, sino a rarità come l’Amarone, il Moscato Fior d’Arancio ed il Friulano.
UN GUSTO NUOVO
I gusti oggi sono molto diversi da quelli che hanno contraddistinto gran parte del secolo scorso, quando la grappa era forte, “cruda”, per palati grezzi. Oggi la sfida è coniugare la decisione e l’intensità del gusto, la sua tipicità, con la morbidezza complessiva del carattere. Un equilibrio da alchimisti. Una sfida che dura tutto l’anno: si comincia a settembre quando è una corsa contro il tempo per raccogliere le vinacce dopo la pigiatura che frutterà i vini. In due mesi si deve stoccare tutto in assenza di ossigeno e far terminare la fermentazione alcolica; poi inizia la distillazione fino a primavera. E solo alla fine, tra giugno e settembre, si può intervenire sui processi per mettere a punto, modificare, affinare gli alambicchi che finché si distilla sono sigillati per legge dall’Agenzia delle Dogane. Il resto, è materia dei mastri distillatori che una volta ottenuta la grappa lavorano di blend, ovvero di miscelazione delle varie tipologie ottenute per realizzare acquaviti, che in relazione alla materia prima di provenienza saranno mono o pluri varietali.
Tra queste ultime, quella che ha segnato una svolta epocale per la Bonollo è stata la grappa di Amarone invecchiata in barrique. Un prodotto commercializzato dalla fine degli anni Novanta ma che ha iniziato il suo percorso un decennio prima, quando le distillerie hanno vissuto una vera e propria rivoluzione organizzativa, con l’avvio di collaborazioni con le università di Udine e Padova per ricercare l’integrità del potenziale aromatico in tutte le fasi della produzione. Lì si è perfezionata la metodologia della doppia distillazione. La grappa ha una “testa” e una “coda”, che vengono scartate per selezionare il “cuore”, la parte più nobile e gustosa. Ma la ripetizione del processo di distillazione, con un metodo ideato da Bonollo, ha consentito un ulteriore affinamento e una superiore esaltazione degli elementi aromatici. È il Sistema Unico di Produzione Bonollo: una metodologia integrata e complessa che parte dalla selezione delle vinacce, passa attraverso una distillazione flessibile, sempre in grado di estrarre il massimo del potenziale aromatico in esse contenuto, per giungere ad ottenere grappe moderne, ma caratterizzate da un’ampiezza aromatica decisa.
Un processo frutto delle innovazioni tecnologiche e dell’esperienza acquisita anche attraverso la rilevazione di piccole distillerie che sono entrate a far parte del gruppo negli anni ‘70. Tradizione e innovazione, esperienza e tecnologia: un mix che nel 1999 ha portato all’ideazione di Of. “Of” che in inglese significa semplicemente “di”: di Bonollo, appunto, per evidenziare che è la miglior espressione della storia di famiglia. «Pensavamo a un prodotto per l’estero – ricorda Elvio Bonollo – ma abbiamo scoperto che prima veniva il resto d’Italia». L’Of di Amarone infatti ha incontrato da subito i gusti non solo del nord, ma anche dei consumatori localizzati nel centro e nel sud della penisola, in zone che hanno saputo scoprire la grappa con grande apertura, simpatia e passione quando molti consideravano la grappa ancora come un prodotto del nord. E ha pagato la scelta di non affidarsi per la distribuzione alle grandi catene di vendita, ma a ristoranti, enoteche, wine bar di livello in grado di far assaggiare e spiegare il prodotto. È stato necessario costruire una rete di oltre 150 agenti in grado di assicurare una distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale e di contribuire alla valorizzazione del marchio Of che negli anni è divenuto un punto di riferimento sul mercato contribuendo a creare il nuovo segmento delle grappa invecchiate in barrique.
A questo ha contribuito anche il processo di confezionamento, con una fase che prevede la rifinitura delle confezioni a una a una. E la decisione di “rompere” la tradizionale forma cilindrica delle bottiglie di grappa, per andare verso forme uniche, di design esclusivo e facilmente riconoscibile. Ma il packaging serve a poco se il contenuto poi non conquista il cliente, e soprattutto non si riesce a garantire la costanza nella qualità. E qui sta il cuore della questione: perché non è possibile stabilire regole uguali ad ogni vendemmia, ogni volta il processo riparte in modo nuovo, adattandosi alle specificità di una materia prima che è viva, sempre nuova. Non c’è una regola, dunque, o un segreto unico da custodire. Ma c’è un approccio tramandato da quattro generazioni, che si somma alla conoscenza della materia prima e alla scelta, tra i sistemi disponibili, di quello più adatto ad estrarre il massimo del potenziale aromatico presente nelle vinacce.
Of cresce oggi anche nei mercati internazionali, ma la sfida continua anche con un nuovo progetto che Bonollo sta sviluppando negli Stati Uniti: riuscire a produrre una grappa intensa che però sia adatta anche all’utilizzo nei cocktail. Si chiama Gra’it, che in inglese suona come great (grande) ma che fonde le lettere iniziali di “grappa” e “Italia”. Perché il complesso di inferiorità oggi non c’è più: la grappa è al rango dei whisky, dei rum, dei brandy. E, come insegna Bonollo, può vincere.